“Siamo sconvolti, feriti, sgomenti nell’apprendere quello che sarebbe accaduto al cimitero Flaminio. Il video che riprende operai AMA che farebbero a pezzi un cadavere destinato alla cremazione è indefinibile. Inqualificabile. Le imprese funebri non possono più voltare lo sguardo dall’altra parte: è il momento di fare qualcosa insieme e di far arrivare la nostra voce alle istituzioni”. Questa la chiamata a raccolta dell’impresario funebre Gennaro Tammaro, dopo che la cronaca ha restituito il caso che ha sconvolto la Capitale e l’Italia intera.
Quindici persone, tra impresari funebri e personale della partecipata AMA, dovranno rispondere infatti dei reati di truffa, corruzione, induzione alla corruzione e vilipendio di cadavere. Anziché cremare le salme, i dipendenti della partecipata romana le avrebbero fatte a pezzi e a testimonianza di questa ricostruzione c’è un video, acquisito dai militari dell’Arma attraverso telecamere nascoste, che documenterebbero gli scempi sui cadaveri.
L’ipotesi dell’accusa, perorata dagli orrendi video diffusi anche sui media, è che anziché cremare i corpi i dipendenti e gli impresari funebri provvedessero a questo “smaltimento economico”.
“I casi di finte cremazioni – spiega Tammaro – sono più diffusi di quel che crediamo e la cronaca spesso ci restituisce storie raccapriccianti i cui protagonisti sembrano non avere alcun tipo di decenza nel tutelare la dignità umana, trattando le spoglie mortali al pari di carne da macello”.
“Esistono – continua – dei modi per garantire alla famiglia del defunto la certezza di cremazione avvenuta. Noi ad esempio abbiamo il ‘cuore’, un gioiello ignifugo a matricola unica composto da due parti separate che si incastrano. La prima è lasciata alla famiglia, la seconda chiusa nella cassa con il defunto davanti ai loro occhi e restituita a cremazione conclusa. Si tratta di un metodo banale ma efficace, che mette al riparo le persone, già distrutte, da ulteriori dispiaceri”.
“Siamo convinti – conclude Tammaro – che è ora per le imprese funebri oneste di far sentire la propria voce, anche a livello nazionale. Queste immagini sono lesive per l’intero comparto e non possiamo più voltarci dall’altra parte”.