Dal 3 luglio a Palazzo Fondi “Fragile”, la personale di Antonella Romano

Fragile è la personale di Antonella Romano e sarà visitabile dal 3 al 31 luglio 2020, presso Palazzo Fondi, in via Medina 24.

Prodotta da Le Nuvole/Casa del Contemporaneo e a cura di Anna Cuomo, la mostra si colloca nella sezione dedicata alle arti visive della XIII edizione del Napoli Teatro Festival Italia, la quarta diretta da Ruggero Cappuccio, realizzata con il sostegno della Regione Campania e organizzata dalla Fondazione Campania dei Festival, presieduta da Alessandro Barbano.

L’esposizione si struttura in un percorso attraverso cinque sale, come una successione di scene teatrali che compongono un atto unico, rendendo lo spettatore protagonista. La fragilità è il tema centrale, condizione che tutti accomuna e che tutti nascondono. L’invito dell’artista è, in questa indagine, riscoprire l’essere fragile come opportunità, come strumento attraverso cui ricucire le fratture dell’anima e ritrovarsi con sguardo rinnovato di fronte a se stessi.

Scrive la curatrice Anna Cuomo a proposito del progetto “In Fragile Antonella Romano plasticizza la sua interiorità in sculture delicate, come la tecnica del ricamo con cui sono realizzate, ma stabili e solide, come il fil di ferro, materiale che le costituisce. La spinta creativa la rende regista di una mostra assimilabile ad una pièce autobiografica in cui lo spettatore può immediatamente ribaltare la sua posizione e entrare personalmente in scena, riuscendo a calarsi perfettamente nella parte del protagonista”. Medium elettivo di Antonella Romano è il fil di ferro che intreccia come nel lavoro a maglia, ma esclusivamente con l’uso delle mani. Una pratica certosina per la creazione di “sculture” che, in alcuni casi, raggiungono anche notevoli dimensioni. A cominciare dall’elemento meno malleabile per antonomasia, il filo di ferro, da cui maglia dopo maglia prendono origine forme morbide, anse e incavi di donne, fiori dai lunghissimi steli e piccolissime farfalle.

Cinque spazi fisici divengono il riflesso di altrettanti luoghi dell’anima, ciascuno dominato da un’installazione dedicata ad una fase di evoluzione personale dell’artista, la quale parte dalla rappresentazione della fragilità per superarla e per mostrare che, in quanto valore umano e naturale, è parte di tutti.

La mia relazione con l’arte nasce per mezzo del teatro, il quale non è soltanto una metafora della vita, ma una tecnica di svelamento – spiega l’artista – L’attore coincide con l’uomo per cui il lavoro attoriale prevede un attraversare, un conoscere e uno svelare. L’importanza della vita, le relazioni, lo sguardo verso la creatività, la negazione, la malattia, il mutamento sono il respiro della ricerca scenica ed artistica. La consapevolezza e la forza dell’espressione corporea in uno spazio scenico mi hanno portato a porre sempre più una particolare attenzione all’essenzialità di un corpo in movimento, in uno spazio vuoto, fino a sentirne la necessità di trascenderlo e plasmare la materia utilizzando l’esperienza acquisita. Abito lo spazio che sarà abitato dalla materia per concepire l’opera, sentendo l’area con cui dovrà dialogare la mia creatura. Il tutto nasce dal bisogno di relazionarsi, dalla necessità dell’incontro, per cui non è un lavoro nello spazio, ma un lavoro con lo spazio”.

Il catalogo di Fragile, a cura di Anna Cuomo e con foto di Amedeo Benestante, è edito da ARTEM.

Antonella Romano, nata nel 1970, vive e lavora a Napoli. Nel 1993, si avvicina al teatro come attrice, sperimentando diversi linguaggi, dal Teatro di strada a quello tradizionale, fino al contemporaneo. Tra le esperienze più significative: “Simbiosis” con la compagnia catalana La Fura del Baus e “Filumena Marturano” con Isa Danieli diretta da Cristina Pezzoli. Nel 2005 vince il Premio Girulà come migliore attrice giovane per spettacolo “L’Ereditiera“ di Annibale Ruccello con la regia di Arturo Cirillo. La sua ricerca attoriale la porta ad approfondire la consapevolezza e la forza dell’espressione corporea, attraverso studi di danza contemporanea (Raffaella Giordano) e di danza BUTO (Masaki Iwana). Tali esperienze hanno reso vitale il suo percorso di ricerca artistica, attivando nuove forme espressive e determinando la sua necessità di espressione anche nelle arti figurative. Con un rituale lento e laborioso ricama chilometri di fil di ferro con dedizione certosina, forgiando figure leggere e delicate, dense di significati e significanti. Nelle sue trame c’è il frutto della sua conoscenza, della sua esperienza di vita, del pensiero recondito e di quello forgiato dall’esterno.