Cala il sipario sul XII Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli

Dodici giorni, oltre 14 eventi di interesse nazionale e internazionale visti da più di 30mila utenti sulle piattaforme digitali, ore e ore di materiale riprodotto in streaming: questi sono alcuni dei numeri che chiudono il XII Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli “Diritti in ginocchio: pandemia, sovranisimi e nuove discriminazioni”, dedicato alla memoria del cooperante Mario Paciolla. Un’edizione assolutamente diversa rispetto alle precedenti, che si è svolta interamente online per poter ovviare ai rischi legati alla pandemia da Coronavirus.

Questo però non ha influito sui risultati conseguiti: il Festival anche da remoto ha raccolto adesioni e riscontri positivi senza “privare” il suo pubblico dei consueti approfondimenti tematici sull’Italia e sul mondo e degli ospiti di rilievo. Una “sorpresa a metà” per Maurizio Del Bufalo, coordinatore del Festival: “Siamo sempre stati abituati a lavorare in condizioni estreme, e da questa tradizione di resistenza viene fuori questo piccolo miracolo in zona rossa“.

Il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli è sostenuto dalla Ambasciata Svizzera in Italia, dalla Regione Campania e dalla cooperativa sociale Dedalus, da Expoitaly e dalla FICC (Federazione Italiana dei Circoli di Cineclub) ed ha il patrocinio morale del Comune di Napoli e dell’Assesorato alla Cultura e Turismo.

I PREMI E LE MENZIONI

Premio CiakMigraction
A cura della giuria Ciak Migraction.
Vincitore: Siamo qui da vent’anni di Sandro Bozzolo (Italia)
Motivazione: Twenty years now l’abbiamo scelto perché ha dato uno spaccato autentico della società italiana, e pur rappresentando una piccola provincia del nord ha affrontato il tema delle migrazioni da tutti i punti di vista: la prima generazione di migranti, le “seconde generazioni”, i lavoratori/trici, studenti/tesse, giovani, adulti. Ha restituito il caleidoscopio di punti di vista delle persone che pur essendo nate qui o che vivono in Italia da tanti anni costruendo relazioni e percorsi diversi, non sono mai QUI. Mai per davvero. È un film narrativo, dove parla chi vive le cose sulla propria pelle, senza vittimismo ma con il cuore ed il coraggio di chi continua ad affrontare tutte le barriere che le nostre leggi ingiuste mettono loro davanti. Una lotta quotidiana, che il documentario descrive con tratti di poesia ed incanto inaspettati. Fuori dai luoghi comuni.

Menzione Human Rights Youth
A cura della giuria Youth.
Vincitore: La Napoli di mio padre di Alessia Bottone (Italia)
Motivazione: Film intenso, che fa riflettere molto sul valore della memoria dei luoghi, sul diritto negato a vivere e a lavorare nella propria città, ma anche sul diritto alla mobilità e all’incontro con altri popoli.  Un film moto ben girato, che esprime anche nostalgia ed emozione a vedere Napoli come era. 

Menzioni Platea Diffusa
A cura della giuria Platea Diffusa.
Vincitore: Caine di Amalia De Simone (Italia)
Motivazione: Si conferisce la menzione di merito al documentario Caine per il modo in cui riesce a raccontare le storie e la realtà di una categoria, quella delle carcerate, a cui un punto di vista è spesso e ingiustamente negato. Il desiderio di riscatto e la necessità di comprensione si traducono nella stesura di una canzone, che riesce ad avvicinare lo spettatore al contesto di cui narra, emozionando e stimolando una riflessione.

Vincitore: The city of Honey di Moein Ruholamini (Iran)
Motivazione: Si conferisce la menzione di merito al cortometraggio The city of honey per la capacità interpretativa del giovanissimo attore che con semplicità riesce a emozionare e intrattenere lo spettatore dall’inizio alla fine del corto. In contrapposizione a un finale cruento, attraverso i sogni e il gioco del protagonista, il regista per qualche minuto riesce a farci evadere dalla realtà.

Premi  FICC
A cura della giuria FICC.


Cortometraggi
Vincitore: The pain of the sea di Mohammad Reza Masoudi (Iran)
Motivazione: Il film riesce con i linguaggi propri del cinema, quali la successione narrativa attraverso un bel montaggio e gli efficaci primi piani dei protagonisti, a toccarci nel profondo, immergendoci in tragedie dimenticate, o che vorremmo dimenticare, delle tantissime vittime migranti nel Mediterraneo. La maestria del regista iraniano Mohammad Reza Masoudi riesce in poco più di 8 minuti a narrare poeticamente l’inizio invisibile del viaggio, a emozionare lo spettatore, a coinvolgerlo profondamente, a scuoterlo dall’indifferenza verso le tragedie dei più sfortunati e dannati. E’ attraverso l’intimità del dolore composto, come il corpo della figlia adagiato sulla zattera dalla madre, quasi in una prospettiva pittorica di pietà al femminile, che traspare, con tutta la forza, intera, la tragedia collettiva. Un cinema che dovrebbe rientrare, anche grazie alla qualità visiva, alla scrittura sobria, densa e efficace, nei programmi educativi della scuola dell’obbligo.

Menzione speciale: The city of honey di Moein Ruholamini (Iran)
Motivazione: E’ spiazzante la scelta del regista iraniano Moein Ruholamini di narrare la tragicità della guerra con un gioco ingenuo di bambini: far finta di guidare una macchina a motore spento. Spontanea è la vivacità sprigionata dai due giovani protagonisti, viaggiatori di un bel sogno ad occhi aperti, che commentano il mondo degli adulti pronti a lasciare quel territorio di guerra. Traspare in quasi tutto il film il sogno come rifugio in un microcosmo immaginario e felice, svelato infine dall’occhio magico su campo aperto della macchina da presa che mostra la realtà di un abitacolo bombardato completamente distrutto, metafora della negazione di quel sogno tanto agognato di libertà, illusione rivoluzionaria dell’immaginazione contro gli effetti tragici del macrocosmo degli orrori distruttivi della pazza guerra.

Lungometraggi
Vincitore: Colombia in my arms di Jenni Kivistö e Jussi Rastas (Finlandia)
Motivazione: Il documentario Colombia in my arms dei registi finlandesi Jenni Kivisto e Jussi Rastas, avvalendosi di un’estetica cinematografica ricercata ed evocativa, approfondisce le ragioni nascoste della falsa democrazia in Colombia, offrendo un’analisi della complessità politica dell’attuazione del processo di pacificazione in essere, mostrando il coraggio e i dubbi dei guerriglieri della FARC in un percorso di integrazione nella vita sociale, contrastata da contraddizioni reali e da una oligarchia che non vuole perdere i propri privilegi. Il film ci porta nel cuore di una società in trasformazione, alla ricerca di un futuro più giusto attraverso una lotta pacifica per costruire un orizzonte senza esclusioni e povertà, con il dialogo e la fiducia in un domani diverso.

Menzione speciale: Digitalkarma  di Mark Olexa e Francesca Scalisi (Svizzera) 
Motivazione: Per avere condensato quattro anni di speranze, aspettative e illusioni di una giovane bengalese. In un mondo in cui le Caste (lascito della cultura Indù), il patriarcato con pregiudizi e convenzioni locali, sono più potenti di qualsivoglia volontà di cambiamento. I due registi, l’italiana Francesca Scalisi e lo svizzero Mark Olexa, riescono ad approfondire una cultura a noi distante, nell’intento difficile e delicato di far arrivare al pubblico la bellezza, la generosità e la grande caratterizzazione umana di Rupa, la giovane protagonista. Di gran pregio la fotografia e superba l’idea del video-diario a cui la protagonista confessa i propri stati d’animo. Pur adoperandosi con entusiasmo a diverse opportunità di emancipazione personale, anche Rupa, come le altre donne bengalesi, non sfuggirà a un destino di sottomissione atavica da marito e fratelli che ne impediranno il pieno riconoscimento sociale e culturale, simbolo della condizione femminile oggi di un intero paese.

Menzione speciale Arrigoni-Mehr Khamis
A cura dei selezionatori interni al Direttivo del Festival.
Vincitore: La niebla de la paz di Joel Stängle (Colombia)
Motivazione: La niebla de la paz è un film che dimostra cosa significa provare a narrare la verità da vicino in condizioni estreme. La nebbia che avvolge la foresta colombiana è la stessa che investe il processo di pace in corso nel Paese. Un tema poco trattato in Italia e sviluppato con una cura dell’estetica cinematografica che non si compiace ma è sempre al servizio della storia. Quella di una pluralità in lotta, raccontata con equilibrio e senza miti.

Premio Human Rights Short
A cura della Giuria Esperti (Christian Carmosino, Silan Ekinci, Flavia Paone).
Vincitore: 2nd class di Jimmy Olsson (Svezia)
Motivazione: Charlotte incarna l’essenza stessa della lotta all’odio e al razzismo, in una battaglia in cui l’unica arma possibile si rivela l’istruzione, l’educazione in particolare delle nuove generazioni. Davanti alla recrudescenza della violenza neofascista e neonazista, in Svezia ma non solo, lei è un esempio di coraggio civico, di chi non abbassa la testa davanti al sopruso. E’ disposta a rinunciare persino alla condanna del colpevole nella speranza che suo figlio possa comprendere la banalità del male e seguire un percorso differente. Un tema attualissimo trattato dal regista con grande originalità e delicatezza.

Menzione speciale: Le voyage de Yashar di Sebastien De Monbrison (Francia)
Motivazione: Yashar dà un nome e un volto a una storia che potrebbe essere quella di altre migliaia di migranti che hanno tentato di attraversare i confini terrestri tra Italia e resto d’Europa. La sua disperazione diventa determinazione nell’affrontare quella che sa essere una prova mortale, tra le Alpi e l’indifferenza di chi incontra sul tragitto. L’angosciante cammino di Yashar nei boschi inchioda l’Europa alle responsabilità delle sue fallimentari politiche migratorie. Il finale è un invito a non chiudere gli occhi davanti a uno dei drammi più urgenti del nostro secolo.

Premio Human Rights Doc
A cura della Giuria Esperti (Christian Carmosino, Silan Ekinci, Flavia Paone).
Vincitore: Digitalkarma di Mark Olexa e Francesca Scalisi (Svizzera)
Motivazione: Digitalkarma racconta la storia di Rupa, possibile imprenditrice, promessa sposa. E’ la storia di una ragazza e allo stesso tempo la storia di milioni di donne, rinchiuse dalla nascita seppure libere. Impedite nella loro forza, capacità, gioia e bellezza. Digitalkarma è la radiografia precisa, intima, straziante di un fenomeno sociale, quello dei matrimoni forzati, è tuttavia non un film banalmente informativo, ma un’opera di grande sensibilità, attenzione, capacità di relazione. Un film coraggioso che insegna senza pretendere di farlo. Digitalkarma dovrebbe essere usato come il grimaldello per rompere il silenzio e affermare i diritti di tutte le donne. 


Menzione speciale: Colombia in my arms di Jenni Kivistö e Jussi Rastas (Finlandia)
Motivazione: Per la capacità di affrontare con profondità il tema del processo di pace tradito in Colombia. Una rivoluzione incompiuta, vista con gli occhi dei protagonisti, in un racconto coinvolgente ed emozionante.

Menzione speciale: Quien mató a mi hermano di Ana Fraile e Lucas Scavino (Argentina)
Motivazione: Un film che entra piano dentro la pelle fino a raggiungere il cuore. Una straordinaria donna, protagonista suo malgrado di un processo di conoscenza e denuncia collettivo, porta al mondo con umiltà, semplicità ed incredibile efficacia un messaggio di giustizia universale.