A Via del Mare, a Marano, c’è un luogo che accoglie gli ultimi
di Enrico Parolisi
Ultimi solo perché – chi lo ha vissuto lo sa – la vita prende vie difficili a volte da comprendere. A volte basta una scelta, un errore, un trauma, semplicemente essere nati nella parte sbagliata di questo folle pianeta per essere annoverati in questa strana categoria.
La Christian House di Marano nasce con questo obiettivo: accogliere coloro che vivono un forte disagio sociale e spirituale. Offrire loro aiuti concreti: un pasto caldo, assistenza medica di base, abbigliamento, supporto psicologico e spirituale.
Vi è più gioia nel dare che nel ricevere
San Paolo
Atti degli Apostoli
La Christian House è già attiva dallo scorso gennaio. Il 25 luglio è stata in qualche modo “inaugurata ufficialmente” in occasione della Terza Edizione dell’Annual Meeting e dell’incontro #amailprossimo. Una frase che mai come oggi è tutt’altro che banale.
“A Marano abbiamo avuto la possibilità di estendere la sede che abbiamo aperto già due anni fa al Vomero, che ci permette di avere anche un deposito alimentare (dove facciamo raccolta alimentare per ridistribuire alle famiglie bisognose) e un negozio sociale: raccogliamo indumenti e li distribuiamo gratuitamente a chi ne ha bisogno“, spiega Alessandro Iovino, presidente della Christian House. “Stiamo stabilendo delle sinergie importanti sul territorio con le chiese evangeliche e le associazioni. Creiamo delle reti virtuose, mettiamo a disposizione la nostra struttura e le nostre sedi. Ma la nostra associazione non ha una collocazione spaziale: facciamo progetti in Africa, abbiamo una partnership con la svizzera ACP – Associazione Cristiani Perseguitati, per la tutela dei cristiani perseguitati nel mondo. Possiamo dire che la base è a Marano, il cuore nel mondo intero“.
Per spiegare bene la vision di Christian House, sono loro che hanno portato un nome del calibro di Antonio Zichichi a Scampia per una riflessione sul rapporto tra scienza e religione destinato a restare nella storia del quartiere e della città.
“Ci rivolgiamo alle nuove povertà. Facciamo attività settimanali nei confronti dei rifugiati ma sosteniamo anche e soprattutto italiani“, continua Iovino che aggiunge: “Amare il prossimo è un principio evangelico, che appartiene a tutti quelli che credono nel Vangelo. Noi ci vogliamo muovere e ispirare ai principi sanciti dal Vangelo: amare Dio e il nostro prossimo. Quindi va bene ogni azione, ma la prima attività è verso il prossimo, verso chi vive un momento di disagio“.
La Christian House è una iniziativa di stampo e carattere evangelico. E ben riassume l’impegno che le comunità evangeliche napoletane e dell’hinterland partenopeo mettono sui territori dove operano quotidianamente.
L’impegno delle comunità evangeliche napoletane
Spesso sottovoce, spesso senza strombazzamenti vari ed eventuali, le comunità evangeliche svolgono un importante lavoro sul territorio napoletano e dell’hinterland.
La chiesa cristiana evangelica pentecostale di via Brindisi ne è un esempio. Dopo un solo anno di attività, ha difatti dovuto lasciare la vecchia sede di via Pisa perché gli spazi non contenevano l’afflusso di fedeli. “Il nostro impegno – spiega il pastore Antonio Festa – è innanzitutto spirituale, in quanto le comunità evangeliche non sono sostenute da nessuno dal punto di vista economico. Ma – nel nostro piccolo – tutto quello che è in nostro possesso per aiutare il prossimo lo facciamo. L’evangelo ci pone la necessità e il bisogno delle persone davanti“.
Antonio Festa porta l’evangelo in una zona di frontiera, quella a cavallo tra la Stazione Centrale di Napoli e l’area est, fino a Piazza Nazionale.
“L’evangelo – spiega – va a cogliere innanzitutto le persone più bisognose. Noi predichiamo, il territorio risponde. Abbiamo raccolto anime che hanno vissuto una loro esperienza pregressa nella fede cristiana di perseveranza. Con noi hanno scoperto di nuovo di aver bisogno di Dio mentre lo predicavamo nelle strade e nelle piazze“.
Tra questi, tantissimi giovani. “Abbiamo raccolto, e non me l’aspettavo, tanti giovani in condizioni gravissime di disagio e pericolo. Vederli oggi testimoniare Dio col cambiamento della loro vita ci riempie di gioia“.